La storia della medicina è costellata di eroi silenziosi che, con la loro opera di prossimità, salvano la vita di molte persone: uno di questi è Carlo Urbani. Egli è stato un medico noto per la sua opera nella lotta contro le malattie infettive. Specializzato in malattie tropicali, è diventato famoso per la scoperta e la gestione del virus Sars nel 2003. Ha identificato il nuovo patogeno e lo ha isolato, contribuendo in modo decisivo a contenere l’epidemia. Tragicamente, ha contratto la malattia ed è morto poco dopo, diventando un martire per la salute pubblica. Interris.it, in merito alla sua storia, ha intervistato il dott. Vincenzo Varagona, giornalista, presidente nazionale dell’Ucsi e autore del libro intitolato “L’eredità di Carlo Urbani. Il protocollo che ha salvato milioni di vite”.

L’intervista
Varagona, Il 29 marzo 2003 ci lasciava Carlo Urbani, il medico italiano che, per primo, ha scoperto la Sars. Come possiamo descrivere la sua figura di medico e di uomo?
“Carlo Urbani fin da piccolo aveva deciso che avrebbe messo la sua vita a disposizione del prossimo, di persone e popoli che si trovavano in condizioni meno favorevoli delle proprie. Ha lavorato con Mani Tese, ha fondato il Gruppo di Solidarietà nella sua terra, Moie, ha studiato medicina. Già da studente organizzava viaggi in Africa che venivano presentati a suoi compagni come viaggi di avventura, ma Carlo già intuiva la necessità di elaborare mappe dei presìdi sanitari che gli sarebbero state utili nel futuro. Poi il grande salto: le missioni, insieme alla famiglia, in Cambogia, con Medici senza Frontiere e quella, dal 2000, in Vietnam con l’Oms. Quest’ultima gli è stata fatale. Non dimentichiamo, nel 1999, il Premio Nobel ritirato a Oslo, quando era presidente della sezione italiana Msf.”
Lei è stato l’autore del libro “L’eredità di Carlo Urbani. Il protocollo che ha salvato milioni di vite”. Cosa le è rimasto maggiormente impresso dei racconti che ha ascoltato durante la stesura del libro?
“Questo libro riprende le testimonianze del primo libro, scritto nel 2013: Il medico della sars, e aggiunge altre testimonianze, ma soprattutto racconta quanto è stato fatto e realizzato in 10 anni (2013-2023) camminando insieme a lui. A questo proposito, un pensiero particolare va alla mamma, Maria, siciliana di Catania, che, laureata in matematica, sceglie il ‘continente’ perché in Sicilia le donne, allora, non potevano insegnare. Arriva a Castelplanio, si sposta, diventa dirigente didattica e anche sindaco, risolvendo una difficile crisi. Maria accetta di entrare in politica a patto che le consentano di costruire la nuova scuola. E così avviene. Maria denota tutte le caratteristiche del figlio Carlo: determinazione, ostinazione, servizio alla gente, in questo caso alla città ma in particolare agli studenti. Sono partito da lei. Poi, ci sono decine di testimonianze: familiari, amici, colleghi, funzionari di istituzioni internazionali, anche giornalisti che raccontano come abbiano deciso di scrivere l’unico loro libro proprio su Carlo, o come abbiano, con lui, cominciato la carriera di scrittori.”

Urbani, nella sua vita, ha unito la medicina, la fede e l’altruismo nei confronti delle persone in condizioni di fragilità. Che insegnamento ci ha donato?
“C’è un protocollo Oms che porta il suo nome. Ha permesso al mondo di sconfiggere la sars, poi l’ebola e ridurre il danno del covid19. Carlo ci lascia innanzitutto questo. Poi, ci lascia un invito: ai ragazzi, dice di sognare in grande. Agli adulti, di non bruciare i sogni dei figli, degli studenti, dei ragazzi. Viaggiando nelle scuole abbiamo raccontato Carlo lungo tutta l’Italia. Vedere gli occhi dei ragazzi illuminarsi regala una gioia immensa. Sentire da insegnanti che alcuni ragazzi, dopo questo viaggio su Carlo, abbiano deciso di abbracciare gli studi universitari di medicina, ci dà la cifra della statura di quest’uomo che continua a parlare e a seminare anche a 22 anni dalla sua scomparsa fisica. A Castelplanio due anni fa è stato inaugurato un museo a lui dedicato. Lo ha inaugurato il direttore generale Oms, Tedros Gebreyesus. A Carlo un docente, Francesco Vintrici, ha dedicato una favola: Re Carlo cuor di Coraggio. Un libro per l’infanzia è firmato da un’altra docente, Ilenia Severini. Ultimamente è stato pubblicato un documentario, di due appassionati docenti film maker, Romero Marconi e Riccardo De Angelis, bellissimo. Sta girando l’Italia anche uno spettacolo prodotto da Teatro Pirata, molto bello: ‘Goccia dopo Goccia’. Ecco, il nostro compito non è solo ricordarlo, ma qualcosa di più: lavorare per lui nelle direzioni sulle quali aveva impostato la sua vita, l’accesso ai medicinali essenziali e la formazione del personale medico locale. Non è retorica. Ecco il senso di un lavoro importante, che costruisca comunità, soprattutto nelle scuole .”
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